JORDAN VALDINOCCI: ‘’VENGO DAL SANDA GRAZIE A DRAGONBALL…’’ (parte seconda)


Ora torniamo un attimo indietro: vieni da una città famosa soprattutto per i motori e per il basket…come mai tu, invece, hai scelto proprio la kickboxing?

Si, in effetti ho giocato anche tanto a basket da piccolo. Parallelamente però ho coltivato fin dai 5-6 anni la mia passione per il Kung Fu e il Sanda nata guardando Dragonball e che mi ha portato a fare molti tornei in tutta Italia. Poi il basket ha preso il sopravvento e dai 10 anni in poi mi sono dedicato a questo sport che ancora mi piace seguire raggiungendo buoni livelli e arrivando a giocare fino in serie C. Poi per dei problemi con il mio allenatore sono stato messo fuori squadra mi sono trovato costretto a giocare in serie minori dove ogni partita era una guerra e si menavano tanto le mani. Allora mi sono detto: se proprio devo menare le mani è meglio che lo faccia in modo costruttivo e allora ho ripreso con il Sanda per poi passare alla Kickboxing. Poi il mio spirito estremamente competitivo è venuto fuori portandomi dove sono oggi.

Quali sono state le persone fondamentali nel tuo percorso di crescita come atleta e come uomo?

Come uomo ci sarebbero tante persone da citare, ma sicuramente metto al primo posto mio nonno materno. Lui è il mio fan numero uno, mi ha trasmesso tanti valori fondamentali e tante passioni come quella per la natura e per viaggi. E’ sempre stato al mio fianco in ogni mia avventura e ancora oggi tutte le mattine ci troviamo per fare colazione assieme.

Come atleta ho avuto diverse influenze fino ad arrivare oggi ad essere un po’ l’allenatore di me stesso. Ad aiutarmi però ci sono grandi amici come: Valerio Cecchetti che è stato anche al mio angolo per il mio ultimo incontro aiutandomi tantissimo senza chiedere nulla in cambio, Fabio Rotunno che è un mio allievo e mi dà sempre una mano con lo sparring, Christian Valli di Rimini e la Phoenix boxe di Fano che mi dà supporto per la boxe.

Poi va aggiunta anche un’altra persona Andrea Olivieri. Con lui ho un debito particolare perché è stato il primo a farmi avvicinare alla kickboxing e all’epoca mi disse “se diventerai qualcuno in questo sport, mi dovrai citare nelle tue interviste” E quindi ora non posso tirarmi indietro.

Quando hai capito che questo sport sarebbe potuto diventare anche il tuo lavoro e la tua vita?

Agli inizi lavoravo come agente immobiliare e giocavo ancora a basket quindi la kickboxing era più un modo per tenermi in forma. Poi il punto di svolta è arrivato quando ho vinto il mio primo match senza protezioni in classe B. Era un periodo in cui anche sul lavoro non mi sentivo valorizzato e quindi ho deciso di mollare tutto e di iniziare a dare lezioni private e iscrivermi a scienze della nutrizione per trovare qualcosa più in linea con la nuova passione. Da quel periodo ho iniziato quantomeno a sperare in una carriera nella kickboxing. Poi il resto è venuto da sé e per fortuna è stato un crescendo.

La tua carriera da atleta e da coach ci dice che sei uno che non ha paura di allargare i propri confini per migliorare e crescere. Hai combattuto tanto all’estero e hai collaborato con atleti di livello mondiale anche in UFC. Quanto è importante per te confrontarti con realtà internazionali? Che cosa ti dà il confronto con altri mondi e culture? Lo consiglieresti anche ai tuoi colleghi?

Io sono un viaggiatore, sono innamorato dell’America Latina e sono stato in quasi tutto il mondo zaino in spalla, spesso da solo. Viaggiare è parte del mio essere. Ho cercato di portarlo anche nella mia carriera di atleta e coach e devo dire che mi ha aiutato tantissimo ad emergere. Grazie alla mia adattabilità e alla mia padronanza delle lingue ho costruito molti contatti all’estero che mi sono poi tornati utili anche per la mia carriera. Esplorare è qualcosa che consiglierei a tutti a prescindere dall’ambiente. Capire cosa sta succedendo all’estero ti fa rendere conto che c’è sempre tanto da imparare.

Leggendo il tuo curriculum spuntano due lauree, e non sei l’unico tra i diversi fighter con cui abbiamo avuto modo di parlare: cosa risponderesti a chi (in Italia purtroppo tanti) pensa erroneamente che i fighter siano tutte persone violente e con poco cervello?

Magari vi sorprenderà, ma devo dire che spesso, purtroppo, anche noi, come ambiente degli sport da combattimento in generale, contribuiamo a creare questa immagine negativa. Quindi questa figura storica del “pugile suonato” può essere in parte giustificata. Ora però sta cambiando tutto. Gli atleti possono essere studenti e avere altri mille interessi. Apporre delle etichette a priori non è mai una soluzione intelligente.

Lo studio sembra che sia un aspetto fondamentale della tua vita: quanto tempo dedichi allo studio nella tua carriera di atleta e di coach?

Io dico sempre ai mei ragazzi che in questa disciplina per migliorare è fondamentale osservare, studiare e capire il perché di una tecnica o di un movimento. L’approccio dello studio mi ha aiutato veramente tanto nella mia carriera per migliorare e crescere. Tramite lo studio riesci a capire molte cose su te stesso e sui tuoi avversari. Questa è la chiave per passare al livello successivo: non solo botte, ma comprendere le situazioni e interpretarle al meglio.