Faraoni, K.O. da maestro: Akira Jr. giù alla prima ripresa.

Dopo questa vittoria lampo ad Oktagon 2025 il campione capitolino vola a febbraio a Tokyo per le finali del K-1, il GOAT della kickboxing.

Al Pala Pellicone, davanti a più di 2mila spettatori, Mattia Faraoni ha scritto un’altra pagina decisiva della kickboxing tricolore. Il campione romano ha difeso con autorità il titolo mondiale ISKA dei cruiserweight (fino a 95 kg di peso), superando il giapponese Akira Jr. Umemura con un KO fulmineo al primo round (dopo poco più di 2:35 secondi), un calcio girato alla testa (spinning back head kick), che ha fatto esplodere l’arena lidense e ribadito la sua superiorità nella categoria dei pesi massimi leggeri. Il match era il clou di Oktagon Roma 2025, tornato nuovamente nella Capitale, dopo lo scorso 29 giugno 2029 (in quella occasione si disputò al Pala Tiziano) con ambizioni globali e una cornice scenica all’altezza dei grandi eventi internazionali.

La sfida, sulla carta, presentava diversi motivi di interesse: Faraoni arrivava da campione in carica alla quarta difesa consecutiva del titolo, forte di un record più che solido, mentre Umemura, atleta del circuito K-1, era considerato un avversario insidioso per potenza e ritmo. I primi scambi hanno confermato l’impostazione del match: il giapponese ha cercato di imporre i low kick (calci bassi alle gambe) e di accorciare la distanza, ma Faraoni è apparso subito lucido, determinato (molto più dell’avversario), e soprattutto molto mobile con le gambe (da sempre suo punto di forza e fattore vincente anche nella sfida di ieri sera), pronto a leggere ogni tentativo di pressione. Poi, dopo poco più di un minuto, il colpo che ha cambiato tutto: un’esecuzione perfetta, improvvisa, chirurgica. Umemura è crollato al tappeto, sbilanciato dal colpo fulmineo, e l’arbitro, dopo l’inevitabile conteggio, ha decretato l’inevitabile fine.

Se la durata della sfida non ha permesso un’analisi più profonda dei valori sul lungo periodo, ciò che resta è l’impressione di una superiorità netta. Faraoni ha dimostrato, ancora una volta, di essere non solo un campione dotato di potenza e tecnica, ma anche di una freddezza che gli consente di individuare la finestra giusta, durante il match, per chiudere i conti. Il KO immediato è una firma spettacolare, ma è soprattutto un segnale: l’Italia ha un atleta in grado di reggere la pressione dei grandi palcoscenici.

Oltre alla cintura, la vittoria consegna a Faraoni il pass per il prestigioso K-1 World Grand Prix 2026, una vetrina in cui si misura l’élite mondiale della kickboxing. È lì che il campione italiano sarà chiamato alla prova più impegnativa: affrontare fighter con esperienza internazionale (con sfide di livello in diverse promotion di kickboxing tra Asia e Europa).

Per la kickboxing italiana, la notte di Ostia vale molto più di una difesa del titolo: è un vero e proprio manifesto per il futuro. Il sold out del Pala Pellicone, la risposta del pubblico, la qualità tecnica dei match in card dimostrano che la disciplina può catalizzare attenzione e passione. Faraoni ne è ormai il simbolo, il volto riconoscibile, il punto di riferimento per atleti e tifosi. La sensazione è che questo trionfo non sia un punto d’arrivo ma un nuovo inizio: la sfida, ora, è portare l’Italia sul tetto del mondo anche nel tempio nipponico del K-1, dove, da sempre, ci sono i migliori della specialità della kickboxing.

Oktagon chiude la 29ima edizione con lo spettacolo dei combat sports

La copertina spetta a Mattia Faraoni, che ha difeso il titolo mondiale ISKA (Oriental Rules) -95 kg con un KO spettacolare ai danni di Akira Jr.. Una vittoria netta che lo consolida come uno dei volti più forti e riconoscibili della kickboxing italiana, ma Oktagon Roma, alla sua 29ima edizione, ha presentato una fight card con ben 19 match (36 atleti di cui 22 italiani e 14 stranieri in rappresentanza di 13 nazioni) e due format speciali: le qualificazioni europee per la K-1 giapponese e l’Ambassador Cup, un torneo di muay thai che ha visto tre italiani opposti a tre top atleti thailandesi.

Successi importanti per il lecchese Lorenzo Di Vara, vincitore della finale del K-1 World MAX Europe contro l’italo/ucraino Taras Hnatchuk (contato due volte dall’arbitro dopo essere stato sbilanciato dai colpi dell’avversario). Un match tirato, intenso, dominato dalla lucidità del lombardo, che ha conquistato così un pass prestigioso verso i palcoscenici internazionali del 2026. Nel mondo del K-1 europeo, si tratta di una consacrazione di enorme peso. Come Faraoni, ma in un altro periodo del prossimo anno, volerà in Giappone per combattere a Tokyo.

Tra i match titolati, spicca anche la prova di Enrico Carrara, che si è preso il titolo mondiale ISKA -78 kg (kickboxing) superando Johan Koffi (di recente ha combattuto nella promotion bulgara Senshi, tra le migliori in Europa) ai punti: una battaglia tattica in cui Carrara ha mostrato esperienza, resistenza e una gestione perfetta della distanza. Stesso epilogo per Alessia Coluccia, che nel mondiale muay thai ISKA -55 kg ha superato la campionessa in carica, originaria della Repubblica Ceca, Viktorie Bulínová con una decisione unanime limpida, frutto di combinazioni pulite e di un ritmo costante.

La card è stata arricchita da prestazioni convincenti anche nei match non titolati: il lombardo Oscar Cambiaghi ha imposto la sua potenza con un KO al secondo round conquistando nella Ambassador Cup di muay thai il trofeo per l’Italia (dopo due pari dei precedenti match), mentre Giuseppe Gennuso o ancora la piemontesi, Giorgia Pieropan (già pronta, nel 2026, per un titolo mondiale di categoria nonostante la giovane età) e altri atleti tricolori (come nel caso del match, senza esclusione di colpi, Venturato-Ramadori, il più entusiasmante della lead card di Oktagon) hanno messo in mostra una crescita tecnica evidente, confermando il buono stato di salute delle discipline di combattimento nel Paese.

Credits foto: Beppe Merigo